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CESARE PASCARELLA

Cesare Pascarella nacque a Roma nel1858. Il poeta nacque durante gli anni cruciali per la storia del nostro paese: l'Italia; dopo tre guerre d'indipendenza stava gradualmente avvenendo l'unificazione delle regioni: da nord a sud. Roma, ancora sotto il governo del papa, sarebbe stata conquistata dalle truppe italiane non prima del 1870, quando il poeta aveva 12 anni. Questi eventi esercitarono una forte influenza sulla fantasia di Pascarella. Lo scrittore romano è ritenuto uno dei poeti dialettali romani di maggior livello; tuttavia, il suo nome è assai meno famoso di quelli di Belli e Trilussa persino fra la stessa gente di Roma. I soggetti preferiti da Pascarella per i suoi sonetti sono soprattutto la storia italiana e il vissuto quotidiano di Roma. A questo ha forse contribuito in parte il fatto che il numero delle sue opere è senz'altro minore rispetto al patrimonio artistico lasciatoci dai due poeti nominati in precedenza.


Fra le sue opere, un intero poema di venticinque sonetti: Villa Gloria (cioè Villa Glori, ora vasto parco pubblico situato a nord della città), dove descrive il tentativo di prendere Roma, nel 1867, da parte di un manipolo di patrioti; il tentativo finì tragicamente, essendo state le truppe papaline rifornite di un nuovo tipo di fucili, da parte degli alleati francesi. La descrizione in dettaglio dei fatti è così realistica e drammatica benché, in dialetto, quest'opera andrebbe considerata un piccolo poema epico. Un'opera molto più vasta dal titolo: Storia Nostra, composta da 267 sonnetti, nei quali si narra della storia d'Italia, dalla fondazione di Roma al secolo scorso, venne lavorata e manipolata per anni rimanendo però incompiuta sino alla sua uscita, nel 1941. Mancano alcune righe nell'ultima parte, e per alcuni versi esistono delle varianti, come se il poeta non ne avesse ancora deciso una stesura definitiva. Anche in questo caso, larga parte del poema è dedicata ai travagliati anni che culminarono l'unificazione del paese.


L'altro spunto preferito da Pascarella, invece, è la descrizione fedele dei fatti della vita cittadina di tutti i giorni. Pur essendo un soggetto comune anche alla poesia di Belli e di Trilussa, ci sono notevoli differenze fra i sonetti di questi tre poeti. Belli, senza dubbio, voleva che i suoi spaccati di Roma fossero una satira pungente, tanto contro le classi dominanti del suo tempo che contro il popolino, usando a tale scopo un linguaggio molto crudo per creare stridenti contrasti, spesso mascherati da fatti e circostanze umoristiche; anche Trilussa, pur usando uno stile assai più pacato, non rinuncia mai al suo senso dell'umorismo, persino nei sonetti ad impronta più lirica, per sottolineare i difetti umani. Ciò che Pascarella fa, invece, è di descrivere i fatti come sono, senza alcun tipo di valutazione morale o commento personale, quasi fosse un moderno reporter che, scattando una fotografia, fissi fedelmente l'attimo, con risultati di incredibile realismo. Con un po' di immaginazione, la lettura di Pascarella riporta in vita le atmosfere più autentiche delle strade e dei vicoli della Roma fin de siècle.




Ritratto di Cesare Pascarella

ER TERNO

Ecco er fatto. Lo prese drent’al letto,
dove stava in campagna in un casino;
je sigillò la bocca còr cuscino,
e j’ammollò ‘na cortellata in petto.

Dunque, ferita all’undici; ce metto
uno, er giorno; quarantatré, assassino:
vado giù da Venanzio er botteghino
ar Popolo e ce butto un pavoletto.

A l’estrazione, sabeto passato,
ce viè l’ambo; ma invece de ferita
m’esce settantadue: morto ammazzato.

Ma guarda tante vorte er Pedreterno
come dà la fortuna ne la vita!
Si l’ammazzava ce pijavo er terno.


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